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La chiameremo Armonomia?

Il capitalismo è un modello economico-sociale che prevede il vantaggio di pochi a scapito di molti: questa è storia antica. Tra gli strumenti al servizio del capitale, l’economia è tra i più significativi, pur essendo inesatta ai limiti della divinazione. Non ci si è resi conto prima del disastro che i mutui subprime avrebbero provocato, né che sarebbe fallita la Lehman Brothers, una delle più grandi grande banche d’affari del mondo, o una delle più grandi multinazionali statunitensi, operante nel campo dell’energia, La Enron Corporation (qualcuno se ne ricorda?) ma neppure si è potuto impedire o tanto meno prevenire scandali come quello di Madoff, pur nel contesto in teoria più controllato del mondo. Dalla nostra parte dell’Atlantico, non si è riusciti a prevedere gli effetti dell’avvento dell’Euro né tenerli sotto controllo, a prevenire e a gestire al meglio la crisi della Grecia, a trovare un punto economico d’equilibrio tra i partner europei, si veda il disastroso – per l’Italia – balletto dello spread BTP/BUND. Può bastare?

L’economia capitalista – o meglio una certa sua parte, maggioritaria – considera il risultato economico fuori da ogni contesto, al netto della contemporanea creazione di disvalore di cui immancabilmente, in quel futuro che per l’economia capitalista è una discarica, qualcuno dovrà farsi carico. L’economia saccheggia, devasta territori, senza chiedersi chi ripaga, chi riporta in pristino, chi sana le terribili cicatrici del territorio, quanto costa farlo. Di questo all’economia non importa, anzi quando in futuro si faranno bandi per tentare di risistemare i danni, altri soldi circoleranno, e si sa dove finiranno: oltre la metà del denaro privato della Terra è detenuto da sole 100 persone.

È quel che faceva la camorra con la munnezza. Si faceva pagare due soldi per riempire le cave di tufo del ricchissimo territorio vulcanico della Campania con i rifiuti tossici delle industrie di mezza Europa, alterando il mercato, con imprese disoneste che sopravanzavano quelle oneste per i minori costi sopportati per lo smaltimento dei rifiuti industriali. Poi le cave vanno svuotate, il territorio per quanto possibile bonificato, la popolazione protetta, ecc. Per il senso comune questa è una tragedia, per l’economia malata è una festa. Ci vogliono soldi per ognuno di questi passaggi, soldi che alla fine saranno pagati dai contribuenti e finiranno nelle tasche di chi ha combinato questi misfatti e di chi materialmente interverrà per risolverli, se lo farà.  È un disvalore ad alto contenuto economico.

Il futuro è la discarica del capitalismo, perché la velocità e la spregiudicatezza nelle logiche di accaparramento sono tutto. Il cucciolo che mangia più voracemente sopravvive a quello un po’ più timido o forse solo più educato.

Nella finanza, a maggior ragione, la velocità e la spregiudicatezza sono tutto, insieme con le informazioni che oggi si è sempre più propensi a commerciare anche illegalmente. La caccia ai vantaggi fiscali produce aberrazioni per cui un’azienda saldamente radicata in Italia page le tasse in paesi esteri con regimi fiscali vantaggiosi, o l’azienda che fa record di utili non paga le tasse federali negli USA, come ad esempio Amazon. In ogni caso la finanza è il punto caldo dell’economia, che pur di creare o accaparrare utili o comunque somme di denaro o altri beni fungibili, distrugge l’industria anche a scapito degli azionisti. Il meccanismo è sempre quello: cercare una massa su cui scaricare, trovare – in basso – chi paga. Non dimentichiamo il prodigio dei ripetuti scandali dei derivati.

Ecco perché economia e finanza mi ricordano due imprevedibili megere, pronte a tutto e sempre in cerca di allocchi ai cui danni lucrare, mai scientifiche ma armate di sedicente buon senso e capaci di ingenerare fiducia in certe masse.

Il capitalismo ha stravolto l’originario significato della parola “economia”, di amministrazione specialmente delle cose domestiche – il verbo greco OIKèO significa per l’appunto abitare o per estensione amministrare – facendone una sorta di gioco d’azzardo travestito da scienza, in cui il sedicente scienziato è in realtà un croupier e gioca per il banco.

Ha scritto Lev Tolstoj: “Siedo sulla schiena di un uomo, soffocandolo, costringendolo a portarmi. E intanto cerco di convincere me e gli altri che sono pieno di compassione per lui e manifesto il desidero di migliorare la sua sorte con ogni mezzo possibile. Tranne che scendere dalla sua schiena.”

Ora, con sette miliardi di uomini, la nuova economia dovrà scendere dalla schiena del prossimo, e del mondo. La nostra nuova divinità dovrà tornare ad essere la Terra, intesa come miracoloso tangibile pianeta azzurro forte ma fragile e non come entità astratta. La nuova economia dovrà tornare alle origini del termine, o meglio cambiare nome e chiamarsi in un altro modo. Dovrà procedere in armonia con il pianeta e i suoi abitanti. Le società produttrici di PET che lucrano mentre un’isola di plastica più grande della FRANCIA si forma nel pacifico dovranno essere un ricordo e un monito. I disvalori ad alto contenuto economico dovranno sparire. La chiameremo Armonomia?

 

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