Cucina

Gravello: un ricordo

Scartabellare tra i file si può? Altrimenti come si dice, scarta-digitalizzare? Comunque, riordinando i miei appunti ne ho trovato uno che mi ha strappato un sorriso, relativo al mio primo assaggio del Gravello, e lo propongo volentieri qui.

“Mio fratello, di ritorno dalla Calabria, bussa con i piedi. Capocollo, provolone, saredelle, nduja e nsudda sono l’elisir dell’eroe che ritorna dal suo viaggio. Intanto Mariano – amico e gentiluomo del Catanzaroshire – insiste che mi deve fare provare assolutamente il Gravello. Un grande rosso del sud, col nome che finisce in “ello”.

Il giorno dopo, una bottiglia di Val di Neto rosso Gravello di Librandi, 2000, Gaglioppo 60% e Cabernet Sauvignon 40%, mi guarda dritto negli occhi, da una scaffalatura dell’enoteca Costantini. Destino. Non sa chi sono io. Non ha riconosciuto il vampiro delle vigne. Poveretta. Verrà con me e mio fratello, a cena da Luca e Carolina, due amici tutti speciali. E saprà di tappo. Mai acquistare una sola bottiglia. Costantini la riprende e ne mette in gioco una nuova.

Finalmente. Concentrato, avvolgente, profondo, persistente, d’alto lignaggio. Peccato assaggiarlo solo ora. Sarebbe stato bello accompagnarlo nel suo cammino. Vale i ventuno euro del prezzo. Ho ereditato la mia piccola e vezzeggiata cantina da mio padre, seguendo quanto più possibile il più noto consiglio del compianto Giacomo Bologna, di costruirsi “una cantina ampia, spaziosa, ben areata e rallegrata di tante bottiglie, queste ritte, quelle coricate, da considerare con occhio amico nelle sere di Primavera, Estate, Autunno, e Inverno, sogghignando al pensiero di quell’uomo senza canti e senza suoni, senza donne e senza vino, che dovrebbe vivere una decina di anni più di voi”. Nella cantina del vampiro c’è senz’altro un posto per questo bel sangue di Calabria.”

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